In questa parte della casa abbiamo identificato il luogo riservato agli schiavi.
Gli schiavi erano tanto diffusi nella società romana che non possederne era segno della più degradante povertà. Una casa di queste dimensioni doveva appartenere ad una famiglia agiata che probabilmente ne possedeva molti.
Gli schiavi erano prigionieri di guerra, cittadini liberi venduti per debiti o rapiti da pirati e briganti, bambini venduti dal padre e figli di schiavi.
Gli schiavi erano il motore dell'antica società romana. Le famiglie importanti ne possedevano migliaia: una piccola parte di questi si occupava del servizio del padrone di casa e della sua famiglia e prendeva il nome di familia urbana, mentre la gran parte di essi lavorava nelle campagne del padrone e costituiva la familia rustica.
Gli schiavi appartenenti alla familia urbana godevano di un tenore di vita assai migliore di quello di coloro che lavoravano in campagna, tanto che era una punizione essere trasferiti alla familia rustica.
Gli schiavi erano considerati nel diritto romano come cose,pertanto sottoposti all'arbitrio del padrone, ma questo non deve far pensare che fossero buttati in pasto alle murene per ogni sciocchezza, non fosse altro che per preservarne il valore: uno schiavo poteva costare, infatti, da 600 a 8000 sesterzi. Tantissimo al confronto con il salario di un artigiano che si aggirava intorno ai tre sesterzi al giorno.
Uno schiavo era comunque una "cosa" sui generis: poteva mettere da parte un peculium e poteva contrarre una specie di matrimonio chiamato contubernium. Anche se i figli di questa unione nascevano schiavi, il padrone non poteva vendere separatamente i componenti il contubernium. Lo schiavo poteva, infine, riaquistare la libertà sia comprandola con il peculium che ricevendola in dono o in eredità dal padrone.
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