Sàrolo da Muro. Portale, materiale lapideo, 1209.
Il portale forma un corto androne sporgente delimitato da un arco sorretto da due colonnine marmoree che poggiano su mensole con figure umane - maschio e femmina - ciascuna delle quali avvinghiata al leone.
(cfr. Scheda - Sàrolo da Muro)
Il leone e la donna, Portale, mensola marmorea.
La mensola fa parte del Portale a forma di androne sporgente delimitato da un arco sorretto da due colonnine marmoree che poggiano su mensole con figure umane - un uomo e una donna -, ciascuna delle quali si avvinghia al leone.
A proposito di tali gruppi scultorei si può dire che "il leone che strazia con le unghie e con i denti un fedele l'immagine della giusta severità dei pastori contro coloro che si ostinano a disconoscere l'autorità della Chiesa." (Gilles)
Gli agenti atmosferici secolari hanno attutito i caratteri somatici del leone (criniera, zampa, coda a ciuffo) e ciò ha fatto pensare che si trattasse della raffigurazione della scimmia, simbolo medievale della lussuria.
Facciata, Protiro, particolare.
Portale, cordone scolpito con figure allegoriche, particolare.
Torre campanaria, Finestra, particolare.
Busti di defunti, rilievo funebre di età romana del tipo “a cassetta”, Torre Campanaria.
Interno, particolare della trabeazione.
Interno, Transetto, lato sinistro.
Questo lato del transetto ha un altare rinascimentale costruito nel 1570 su commissione dell'arcivescovo mons. Sigismondo Saraceno. Su tale altare collocato il dipinto su tavola Deposizione (1570) del pittore lucano Stabile.
(cfr. Scheda - Antonio Stabile)
Antonio Stabile, Deposizione, dipinto su tavola, 1570.
Il dipinto si divide in due sezioni: la parte inferiore raffigura la Deposizione, nella lunetta, Ultima cena.
Spesso gli artisti, soprattutto nella pittura nata dalla Controriforma, associano l'iconografia della Cena e della Deposizione assegnandole un significato speculare: la Cena il simbolo di un pasto che Ges ha usato per esprimere ci˜ che pensava del suo destino: nella Cena Egli spezza il pane (l'eucarestia) che nutre la vita; nella Deposizione la vita di Lui appare spezzata per amore dell'uomo. Come questo cibo rende fratelli chi crede in Lui, così la sua morte cibo di riflessione e di imitazione per l'anima desiderosa di salvezza eterna.
La tavola collocata sull'altare del braccio sinistro del transetto.
(cfr. Scheda - Antonio Stabile)
Antonio Stabile, Madonna del Rosario e i Ss. Domenico e Tommaso, tela, 1583.
La tela contornata da 15 riquadri illustranti i Misteri del Rosario.
(cfr. Scheda - Antonio Stabile)
Interno, Abside con deambulatorio e cappelle radiali.
Il deambulatorio semicircolare si sviluppa intorno all’altare maggiore collocato a circa due metri dal pavimento. Vi si aprono tre cappelle radiali: di San Canio vescovo, di San Mariano, nativo di Acerenza e la cappella settecentesca dedicata a San Michele.
Cappella radiale dedicata a San Michele, XVIII secolo, scorcio.
Ignoto, Papa Urbano VI (1378-1389), affresco, fine sec. XIV-inizi sec. XV, Deambulatorio.
Ignoto, Madonna in trono con Bambino, affresco, XV secolo, Deambulatorio.
Per molti secoli questo busto dell'imperatore romano (361-363) stato ritenuto immagine di san Canio, protettore della città.
Per volontà del duca Giacomo Alfonso Ferrillo, napoletano, conte di Muro Lucano, e signore di Acerenza, acquistata dal padre Matteo nel 1477, iniziano i lavori per sfruttare lo spazio sottostante il presbiterio e per allestire una cappella funeraria. L'incarico viene dato al maestro Pietro di Muro Lucano, il quale per ricavare la cripta attua l'innalzamento del piano presbiteriale.
La Cripta consiste in un vano quadrangolare suddiviso in tre navate da quattro colonne in marmo che poggiano su piedistalli ed coperta da 9 piccole volte a crociera ribassate. E' consacrata nel 1524 ma non ospita il committente, morto e sepolto a Napoli.
Centauro che suona uno zufolo, plinto di una colonna, Cripta Ferrillo.
Presso i cristiani il centauro rappresenta lÕadulterio ma anche segno di immortalità nella rappresentazione di diversi peccati.
Le quattro stagioni, plinto di una colonna, Cripta Ferrillo.
Agnello con croce, plinto di una colonna, Cripta Ferrillo.
L'agnello uno dei pi antichi simboli cristiani ed stato usato in molti sensi, quando però si accompagna ad una croce, esso indica l'opera redentrice compiuta da Ges in favore del defunto.
Capitello e trabeazione di sostegno della volta, Cripta Ferrillo.
E' una delle maschere in cui rappresentato il Diavolo, inteso come entità personale rispetto all'antica concezione. Essa qui collocata accanto al plinto di una colonna.
Sirena a doppia coda, plinto di una colonna, Cripta Ferrillo.
Cristo di dolore, plinto di una colonna, Cripta Ferrillo.
Ingresso alla cripta con sarcofago, Cripta Ferrillo.
Sarcofago, parte anteriore: Stemma dei Ferrillo, Cripta Ferrillo.
Lo stemma circondato da una corona di mirto retta da due putti ai quali fanno capo due esuberanti festoni. L'impostazione figurativa rivela la cultura "antiquaria" del committente.
Angeli con insegne episcopali: la mitria e il pastorale, Sarcofago, particolare, Cripta Ferrillo.
Putto con cornucopia e putto con croce astile, Sarcofago, parte anteriore, Cripta Ferrillo.
La raffigurazione di un putto con cornucopia è piuttosto insolita nell’iconografia cristiana avendo la cornucopia perso, col cristianesimo, qualsiasi significato simbolico. Nel Rinascimento la si trova in parecchie rappresentazioni di soggetti religiosi ma soprattutto con lo scopo di equilibrare un vuoto.
Seguace di Criscuolo, Padre della Chiesa, affresco, XVII secolo, Cripta Ferrillo.
Ritratto di Alfonso Ferrillo (?), fregio della trabeazione, Cripta Ferrillo.
Ritratto di Matteo Ferrillo (?), fregio della trabeazione, Cripta Ferrillo.
Ignoto, Sant'Andrea, affresco, XVII secolo, Cripta Ferrillo.
Gli affreschi sono stati eseguiti successivamente alla data di consacrazione della Cripta (1524). In questa sede il pittore rappresenta l'Apostolo con la croce a "X" sulla quale fu fatto inchiodare dal proconsole Egeo affinché il supplizio durasse più a lungo; il martire morì, infatti, due giorni dopo. Così scritto nella "Leggenda Aurea".
Il tipo di iconografia qui riprodotto si afferma solo a partire dal XIV secolo.
Ignoto, L'adorazione dei Magi, affresco, XVII secolo, Cripta Ferrillo.
In passato questo affresco, assieme agli altri quattro sulle pareti laterali, stato attribuito a Giovanni Todisco, "pittore tardo-barocco faticosamente orientato verso un linguaggio rinascimentale". E' invece "di evidente derivazione manierista. Lo stile pittorico rinvia immediatamente a quei frescanti di cultura attardata, operanti agli inizi del Seicento in Basilicata" (Barbone-Pugliese).
Questo affresco fu ridipinto, intorno al 1650, con un'immagine di S. Nicola ma fu poi riscoperto alla fine dellÕOttocento.
Ignoto, S. Girolamo, affresco, XVII secolo, Cripta Ferrillo.
Il personaggio dell' affresco stato identificato con l'apostolo Matteo nell'atto di scrivere il vangelo mentre un angelo regge un libro. Proprio ponendo attenzione ai due libri, si nota che si tratta del testo evangelico, ma uno scritto in greco e l'altro in latino. Allora c'è da concludere che l'immagine non raffigura l'apostolo bensì S. Girolamo, il quale tradusse in latino il vangelo, versione chiamata Vulgata.
La Vulgata di Girolamo non fu tutta opera sua; egli curò, infatti, gran parte della traduzione direttamente dagli originali ebraici, un'altra parte poi fu da lui revisionata nella versione latina fatta dai Settanta. Tale testo stato adottato dalla Chiesa di Roma.
In passato questo affresco, assieme agli altri quattro sulle pareti laterali, stato attribuito erroneamente a Giovanni Todisco.
Ignoto, S. Margherita d’Antiochia, affresco, XVII secolo, Cripta Ferrillo.
“Vergine e martire, forse vittima della persecuzione di Domiziano. Nulla sappiamo della sua vita, e la tarda Passio è leggendaria. Molto venerata sin dall’antichità presso i Greci, nel Medioevo fu tra i 14 santi “ausiliatori” dell’Occidente cristiano, invocata soprattutto dalle partorienti. L’iconografia abituale la rappresenta con un drago o un serpente, raffigurazione del demonio, in posizione di sconfitta". (E.C.)
L’ affresco è stato attribuito a Giovanni Todisco, assieme agli altri quattro sulle pareti laterali.